giovedì 21 luglio 2011

2001-2011: 10 anni di periferia esistenziale

In realtà, la storia non inizia nel 2001. Né finisce nel 2011. Ma per una volta, chi se ne frega! Troppo spesso, peraltro a ragione, vengo accusato d’essere eccessivamente pignolo, ai limiti, anzi oltre i limiti della maniacalità. Ecco dunque uno squarcio nell’apparato accusatorio dei miei detrattori, che per inciso, non essendoci granché da detrarre, non sono poi così numerosi (cit.).

Tuttavia, i tempi parrebbero maturi per fare il punto della situazione e guardare avanti, con la consapevolezza di potersi voltare verso il proprio passato senza necessariamente vedere orrore e brutti ricordi.

Quelli ci sono sempre, ci mancherebbe altro. Ma c’è anche una congrua eredità che merita d’esser messa a disposizione di coloro che vogliano fruirne.

Dieci anni vissuti costantemente sull’orlo del baratro. Dieci anni di potenziali colpi da k.o. incassati a ripetizione. Catarticamente, queste ferite mai del tutto rimarginate hanno contribuito alla costruzione di un percorso che, pur essendosi disvelato soltanto a pochi occhi e a pochissimi cuori, non ho dubbi possa risultare significante non ad esclusivo tornaconto del sottoscritto.

Non sono un benefattore dell’umanità né il salvatore della patria. Ho però qualcosa da dare, e lo offrirò a chiunque lo voglia. Non pretendo in cambio soldi o favori; mi accontento di un briciolo d’attenzione. Ma è facoltativa pure quella, non c’è da preoccuparsi più di tanto, non me ne avrò a male se non la otterrò!

A breve, questo schizzo appena abbozzato assumerà le specifiche di un disegno fatto e finito. Perché questi dieci anni non sono trascorsi invano, né se ne sono andati senza lasciare traccia alcuna.

martedì 12 luglio 2011

Inedito senza titolo, luglio 2011

Ricordo bene quel genere di sensazione, e il mio approccio ad essa. In verità, c’ho girato intorno per gran parte della mia vita. Posso tranquillamente affermare che, se sono qui adesso, è soprattutto perché sono stato spinto dalla continua ricerca di quella sensazione, dall’attrazione verso una sfida che è tanto più avvincente quanto più ardua appare la sua realizzazione. Forse è proprio l’improbabilità di successo a tenere tesa la corda e alimentare sogni e speranze. Il risultato, quand’anche riuscissi a conseguirlo, non avrebbe mai lo stesso gusto provato nel tentativo di arrivarci.

Oggi mi sento moderatamente in pace con me stesso ed il mondo, almeno rispetto ad altri periodi. Tuttavia, la strada che vedo pararmisi davanti rimane lastricata d’insidie ed intoppi. Che gli ostacoli debbano essere superati o aggirati, quel che per me conta è avere ben fissa nel cuore e nella mente l’eccitazione di mirare ad un bersaglio che chiunque non mi riterrebbe all’altezza di colpire. Poi, magari, centratolo, anziché esultare, mi apparirebbe scialbo e pretestuoso, inizierei a vedere il vuoto dentro e attorno a me, e il terrore di non aver più nulla per cui lottare mi schiaccerebbe inesorabilmente, e allora davvero non sarei in grado di risollevarmi.

Un episodio rivelatore. Un giorno, ero molto piccolo, sarà stato venticinque anni fa o poco meno, mi dimostrai estremamente brillante in una determinata situazione. Avevo raggiunto qualcosa di significativo, avrei avuto ottime ragioni per festeggiare. Eppure, forse per la prima volta nella mia vita, senz’altro la prima che riesca a focalizzare nella mente, avvertii quel retrogusto amaro che m’ha sempre impedito di godermi appieno le poche soddisfazioni che mi sono tolto. Da allora, magari inconsciamente, la rincorsa per me divenne di gran lunga più importante del salto. Il salto, spesso e volentieri, nemmeno l’ho spiccato.

Fatto sta che le persone complicate si ritrovano a dover gestire situazioni complicate. Fa parte del gioco, no? Tutto ciò che desideravo nella vita, non ho mai smesso di considerarlo possibile. Assai di rado ho tagliato dei traguardi che m’ero prefissato. Ma non m’importa granché. Mi restano ancora tante cose da fare prima di sgombrare il campo, che siano più o meno realistiche non fa differenza per me. Procedo per non disperdere l’ebbrezza di questa sensazione impagabilmente intensa.

Quei sogni li intravedo, sarebbero anche a portata di mano, cosicché non smetto d’inseguirli. Nei momenti bui mi rincuora enormemente avere degli obiettivi da perseguire, qualcosa in cui credere per andare avanti. È quel bagliore che appare di volta in volta, assumendo svariate fattezze, a convincermi che, sì, ne vale la pena.

Continuo a girarci intorno.

Sono ancora vivo.