Nell’autunno del 1996 portavo a compimento il mio esordio “Scritti post vitam”, scombiccherata accozzaglia di prose e poesie (!), le une e le altre abbondantemente malriuscite. Questi miei primi tentativi sono rimasti provvidenzialmente inediti, fatte salve alcune poesie (ahi ahi ahi!).
A distanza di venticinque anni, pubblico un testo scritto all’uopo in questi giorni che si rifà all’invito alla lettura con cui inauguravo il lavoro.
Mi pare un buon modo per chiudere il cerchio su un’esperienza nata con l’ambizione di svelare al mondo il più grande scrittore vivente, sull’onda di una passione travolgente e di tanti sogni di gloria (tutti miseramente infranti), con la consapevolezza dell’imponente lascito artistico creato lungo un percorso di costante miglioramento e maturazione grazie a un’indomabile volontà di mettersi sempre in discussione.
Se ci sarà, alla prossima!
Scrivo per te, Lettore (“lettore” è un termine onnicomprensivo che abbraccia generi e numeri; ergo non sperate di vedermi usare quei cazzo di asterischi). È così oggi come venticinque anni fa, agli albori della mia carriera di scrittore, allorquando ero fermamente convinto che avrei lasciato un segno nella storia della letteratura e mi accingevo a redigere un preambolo introduttivo, cosa che sto facendo anche in questo frangente.
Se mi guardo indietro, ai miei inizi e a tutto ciò che è venuto dopo, noto un sacco di cambiamenti come pure vari motivi ricorrenti.
Quello sfrontato senso di sfida che impregnava (anche troppo!) i miei primi passi, non è mai venuto meno. Chiaro, è presente in forme assai diverse e talvolta divergenti, ma se mi hai seguito in questi anni, dovresti riuscire a scorgerlo senza eccessiva difficoltà.
Ancora adesso, ad esempio, posso raccontarti di una visione onirica che mi ha spinto a redigere un tributo al mio passato remoto. Non più il decrepito ed evanescente vegliardo apparsomi venticinque anni fa, bensì un robusto ragazzone quasi maggiorenne che prende vita dalle poche foto scattatemi in quel periodo.
Costui mi irride, dice che se non ne sono stato in grado ai tempi d’oro (in sogno non obietto, ma razionalmente non ho la più pallida idea di quali siano questi “tempi d’oro” cui fa riferimento), figuriamoci oggidì. È cinico e sprezzante, forse per mascherare la sua insicurezza e il sentore cataclismatico di fallimento incipiente. Io sto ad ascoltarlo, intontito ma abbastanza pacificato rispetto alla proiezione.
“Non hai scampo”, mi preconizza. “Ti attendono venticinque anni di sofferenze e sciagure, e non sarà mica finita lì. Ma questa è un’altra storia. Restiamo sul pezzo. Puoi ancora rimediare. E hai tre opportunità a tua disposizione.”
“O sposto una chiesa, o vo in Perù, o vinco al Totocalcio?”, provo a fregarlo io, recuperando un minimo di compostezza e disincanto pur nella goffaggine di chi sta sognando.
“Non fare il furbino”, mi ammonisce con la mia stessa voce, tuttavia declinata in una sorta di lugubre cantilena.
Purtroppo al risveglio ricordo molte meno cose rispetto a quand’ero più giovane, e anche stavolta è tutto piuttosto confuso e non ho colto le tre opzioni che mi venivano offerte per emanciparmi dallo sfacelo.
Ho pertanto deciso di buttar giù a braccio la presente introduzione, che è al contempo una chiusa finale. Niente colpi di scena a effetto, solo una sfumata dissolvenza che va ad abbuiare quel che rimane. Nel mezzo, dalla primordiale apparizione a queste ultime parole, c’è la mia storia, dipanata in romanzi e racconti che, mai mi stancherò di ripeterlo, ho scritto per te.
Nessun commento:
Posta un commento