lunedì 10 agosto 2020

2000 – 2020: vent’anni di “Luoghi non comuni”! (testo inedito)

Il 10 agosto 2000, dopo averci discontinuamente lavorato per buona parte dell’anno, portavo a compimento “Luoghi non comuni”, sgangherato pamphlet che col pretesto di dieci interviste inventate a personaggi della storia e della cultura popolare cercava di esplicare la mia visione del mondo. Gli esiti, purtroppo, furono tutt’altro che brillanti, seppure molti spunti mi siano tornati utili per caratterizzare il mio stile letterario. Ad ogni modo, “Luoghi non comuni” è uno dei due lavori che non ho mai voluto ristampare ed è un bene per la mia credibilità artistica. E per fortuna che all’epoca finii per non accettare il contratto di pubblicazione propostomi da una lugubre casa editrice aretina… 

Tuttavia, a vent’anni di distanza, voglio ricordare quel traguardo comunque significativo. Lo faccio di seguito, con una versione “alternativa”, scritta in questi giorni, dell’intervista che chiudeva il tomo: una smaccatamente autoreferenziale conversazione tra me e me stesso! Prima di lasciarvi alla lettura, chiudo con l’avvertimento che ero uso dispensare all’epoca: non prendetevi troppo sul serio!

 

Lj.U.: La prima domanda che mi sovviene è: non la sfiora il pensiero di risultare ridicolo? Ok a ventuno anni, ancora ancora, l’esuberanza giovanile e cazzate varie… ma adesso?

Lj.U.: Argomentazione pertinente, non lo nego. Cosa posso dirle? Giusto per aggiungere un altro carico alla questione, le rispondo autocitandomi: non ho nient’altro da dimostrare, ma soprattutto più nulla da perdere. E se era il mio spirito già nel 2000, si figuri adesso, che le cose sono andate in una certa maniera.

 

Lj.U.: Ecco una buona imbeccata! Ogni tanto persino lei ne azzecca una. Iniziamo a parlare di come sono andate le cose. C’eravamo lasciati nell’estate 2000 con bellicose dichiarazioni d’intenti. Ci vuole raccontare cos’è successo poi?

Lj.U.: Le piace rigirare il dito nella piaga, eh?

 

Lj.U.: Abbiamo di meglio da fare?

Lj.U.: Io personalmente no.

 

Lj.U.: Allora basta cincischiare! Si parte!

Lj.U.: Evviva… Potrei riassumere la questione e liquidarla agilmente alla stregua di un’inenarrabile sequela di fallimenti. Artisticamente parlando, s’intende. Per il resto, peggio ancora. Ma cerchiamo di non scadere nel patetico e concentriamoci sulla prodigiosa impennata coincisa con l’ingresso nel nuovo millennio. Tra giugno e novembre 2001 gettavo le basi per il genere letterario che sarebbe passato alla storia col nome di “periferia esistenziale”, espressione da me coniata con parecchi anni d’anticipo rispetto a quando il pontefice attualmente vigente ha ben pensato di appropriarsene in maniera indebita. I pasticci scarabocchiati fino solo all’anno precedente erano un pallido ricordo. A ventidue anni ero padrone assoluto di una prosa sfavillante, sontuosa, dalle mille sfumature e sfaccettature. In poche parole, il più grande scrittore vivente era ufficialmente sulla piazza. In quei diciotto mesi, con scadenza dicembre 2002, fui dominato da un furore creativo che, mai avuto problemi ad ammetterlo, non sono più stato in grado di eguagliare. Ahimè, alle prodezze letterarie non si accompagnavano quelle promozionali. Non avevo idea di come muovermi e le poche porte cui bussavo non si aprivano. Fu così che la mia indole notoriamente poco pugnace m’indusse a gettare la spugna.

 

Lj.U.: Che vicenda toccante, mentre la ascoltavo mi stavo commuovendo.

Lj.U.: Vuole un fazzoletto?

 

Lj.U.: La ringrazio, non si disturbi, farò poi da me in separata sede. Torniamo alla cronistoria dello psicodramma. I capolavori della periferia esistenziale consegnati ai posteri nel disinteresse più totale. Il più grande scrittore vivente, a quel punto appena ventiquattrenne, cosa decide di fare nel 2003?

Lj.U.: Di andare da uno psichiatra! Questa storia l’ho raccontata in lungo e in largo, inserendola pure, debitamente rimaneggiata, in un mio romanzo. Il dottore mi disse d’aver “ereditato” un paziente il quale era uso presentarsi in aeroporto vestito da pilota e pretendere di mettersi alla guida pur non avendo alcuna competenza in materia, e a lui, come al suo predecessore che aveva avuto in cura l’aspirante aviatore, spettava il compito di soffocare le velleità del tapino e ricondurlo a più miti consigli. Il sottinteso dell’aneddoto era che i miei sogni di gloria di scrittore dovevano essere affossati senza pietà. Un po’ più magnanimo del medico che nel 1998 voleva farmi rinchiudere in una casa famiglia, ma pur sempre improntato alla repressione delle mie “malsane” ambizioni artistiche. Il lato positivo della faccenda, da strenuo teorico del bicchiere mezzo pieno quale sono, fu che rimanemmo d’accordo che lo avrei pagato a partire dalla visita successiva.

 

Lj.U.: Bicchiere mezzo pieno, portafogli tutto pieno. Felicitazioni! Bye bye psichiatra, come ha gestito in autonomia l’accavallarsi dei problemi mentali che da sempre la affliggono?

Lj.U.: Ovviamente malissimo! Il 2003 è stato uno degli anni peggiori della mia vita. Ho cercato di rimettermi a scrivere, ma non ero in grado di produrre alcunché di degno. E provavo e riprovavo e mi avvitavo in una spirale che mi ha condotto in uno stato atroce, tanto da farmi prendere in seria considerazione l’idea di farla finita. L’incipit di “Dall’altro verso il baratro” mostra il protagonista in procinto di suicidarsi. Ai primi di gennaio 2004 cominciai a stare un po’ meglio, il che mi permise di ritrovare l’armonia necessaria a scrivere e completare a metà febbraio un nuovo romanzo. Il romanzo del “ritorno alla vita”.

 

Lj.U.: Bene, parliamo un po’ di questo ritorno, del ritorno alla scrittura intendo; sul ritorno alla vita mi pare abbia già detto tutto. Se qualcuno avesse letto le opere del biennio 2001–2002, avrebbe stentato ad attribuire all’autore di “Dall’altro verso il baratro” la paternità della “periferia esistenziale”.

Lj.U.: La transizione da “periferia esistenziale” a “Scream of consciousness”, il corso letterario che avrei perorato nel lustro successivo, mi pareva obbligatoria. Ambivo a vaste platee e chissà perché mi ero convinto che fosse il mio stile troppo ampolloso a precludermele. Si figuri i salti di gioia quando i primi addetti ai lavori cui presentai “Dall’altro verso il baratro” e “Posta da filmare”, romanzo che nell’ottobre 2004 rappresentò il vero punto di svolta nel mio approccio alla parola scritta, mi contestarono la presunta povertà del linguaggio, rifilandomi bocciature senz’appello.

 

Lj.U.: Un vero e proprio complotto ai suoi danni. Lei sembra il protagonista del classico cartone giapponese al quale va tutto male, ma disgrazie anche pese, sfighe assortite e quant’altro. La differenza è che lì arriva il lieto fine, cosa che per lei non è nemmeno più un miraggio. È un enorme NO sui titoli di coda.

Lj.U.: Lei fa spoiler, cazzo! Ora quei pochi che ancora non avevano abbandonato la lettura dell’intervista seguiranno le grandi masse sul sentiero dell’indifferenza. Eppure sa una cosa? Io all’epoca non avevo dubbi. Ero strasicuro che ce l’avrei fatta. Che i miei talenti sarebbero stati riconosciuti alla faccia di questi coglioni incompetenti e di tutti coloro che mi avevano sottovalutato. Perciò, quando nell’estate 2005 un’importante agenzia letteraria si prese in carico a titolo gratuito la promozione di “Posta da filmare” presso gli editori, al di là dell’ovvia euforia non ero granché sconvolto. Era semplicemente così che doveva andare. Finalmente sollevato dal non dover più tribolare nella routine di invii di mail e dattiloscritti, esborsi e pretestuose schede di valutazione, pronto a entrare nel mondo editoriale dall’ingresso principale, mi sono rimesso a scrivere con rinnovato ardore e un’indefessa voglia di migliorarmi, al ritmo di due romanzi l’anno. Insomma ero sulla cresta dell’onda!

 

Lj.U.: Certo, come no. Lei può gigioneggiare quanto vuole, tanto ormai s’è capito che la tragedia è a un tiro di schioppo. Lo vogliamo saltare quest’ennesimo, pietoso capitolo della sua triste storia? Lo dico per lei eh, che sta mostrando il peggio di sé; per fortuna c’è un pubblico assai esiguo pronto a riderle dietro.

Lj.U.: In ogni caso non c’è molto da dire. Io stesso non sono riuscito a farmi un’idea precisa. Fatto sta che a gennaio 2007 l’agenzia mi ha silurato. Tutto da rifare, per dirla con Ginettaccio. Io invece, dopo aver imperversato per un anno e mezzo in un trionfalismo sempre più tracotante, per la prima volta ho avuto dei dubbi. Presto divenuti certezze. Che mi ero illuso. Che non ce l’avrei fatta. A ventotto anni ancora da compiere, ho alzato bandiera bianca. Poco importa che nel 2009 sia stato pubblicato un libro a mio nome. È stato uno sbaglio, non è colpa di nessuno fuorché mia. Di certo la mia mollezza caratteriale non mi ha aiutato a trovarmi un posto nel mondo. A trent’anni, ero un disadattato sociale. Lo ero anche prima, ma almeno mi aggrappavo a quell’unica convinzione: che presto o tardi qualcuno si sarebbe accorto del più grande scrittore vivente. E avevo perso pure quell’ultimo appiglio.

 

Lj.U.: Evvai, un po’ di sana autocommiserazione a buon mercato ci voleva proprio! Adesso però passiamo oltre. Le interviste del 2000 appaiono avvincenti e frizzanti in raffronto a questo strazio. Un po’ di dignità, suvvia.

Lj.U.: Temo che lei non abbia tutti i torti.

 

Lj.U.: Poco ma sicuro. Non serve Sherlock Holmes per capirlo. Siamo grossomodo a metà strada e abbiamo accumulato tanto malessere da far pigliar male una iena ridens. Se riusciremo ad arrivare in fondo, avremo versato abbastanza lacrime da risolvere almeno un paio di mesi di siccità.

Lj.U.: Ce la faremo ad arrivare in fondo, non si preoccupi.

 

Lj.U.: E chi si preoccupa? Dopotutto, affrontiamo situazioni ricorrenti, ripetitive, pare di vivere in continuazione il giorno della marmotta. Basta fare copia e incolla dalle prime risposte e cambiare giusto qualche parola.

Lj.U.: Invece, a cavallo tra anni Zero e Dieci, vi sono state delle pur lievi variazioni sul tema. Quasi stessi davvero dando retta allo psichiatra del 2003, provai a vivere. Ebbi una relazione piuttosto impegnativa e diventai il frontman di un gruppo rock. Esperienza che ha portato allo sviluppo di una “carriera” parallela che prosegue tuttora e, ironia della sorte, nella musica, dove le mie capacità sono pressoché inesistenti, mi sono tolto molte più soddisfazioni che nella letteratura, dove non ho mai fatto nulla che fosse meno che eccelso ma i riscontri non sono mai giunti. Ricapitolando, tra 2008 e 2012 il mondo ha fatto a meno del più grande scrittore vivente…

 

Lj.U.: Come peraltro ne aveva fatto a meno fino al 2008 e dopo il 2012…

Lj.U.: Vero. Però io ero attivo e sfornavo capolavori in rapida sequenza, mentre per quasi un quadriennio è stato il silenzio a farla da padrone. Ed era proprio un rigetto per la scrittura più che mancanza d’ispirazione. Anche solo rispondere a un messaggio di posta elettronica mi costava un’immensa fatica. Poi, pian piano, mi sono ritrovato, riprendendomi il posto che mi compete, a dispetto di una consacrazione che non è mai arrivata e mai arriverà. Dal 2011 tutto ciò che scrivo viene pubblicato sul mio sito ufficiale, unitamente alle ristampe dei lavori precedenti. Periferia esistenziale, Scream of consciousness, caleidoscopio dell’assurdo, romanzi di frattura… Non credo esistano tanti scrittori capaci di rinnovarsi così di frequente, sempre con risultati formidabili.

 

Lj.U.: Risultati che la stragrande maggioranza dello scibile umano ignora bellamente.

Lj.U.: Anche lei però è discretamente ripetitivo, se lo lasci dire.

 

Lj.U.: Dopotutto sono la sua controparte, cos’altro si aspettava? Ma proviamo a lanciare uno sguardo oltre l’orizzonte, sul passato ci siamo abbrutiti a sufficienza. Ha in serbo qualcosa per cambiare rotta e far sì che il futuro sia migliore rispetto a quanto ci ha raccontato sinora?

Lj.U.: In serbo, ma soprattutto in croato, non ho un bel cazzo di nulla. Ho dedicato gli anni migliori della mia vita alla letteratura. Nessuno mi ha costretto a farlo. È stata una mia scelta. Un impulso fortissimo, trascinante, il desiderio insopprimibile di esprimermi nell’unico modo che conoscevo, per comunicare all’esterno quello che sentivo, in una forma artistica s’intende, non uno sterile sfogo da diari delle medie. Resto convinto d’aver costruito qualcosa che vale la pena di condividere con altre persone, che questo effettivamente succeda o no. E finché continuerà a valerne la pena, non smetterò di scrivere romanzi, testi di canzoni e quant’altro. L’ho sempre fatto pensando che “dall’altra parte” vi fosse qualcuno disposto ad ascoltare il mio grido. Non è mai stato un ghiribizzo fine a sé stesso. Ho senz’altro perso l’entusiasmo, il fervore e parte della spinta creativa che avevo in gioventù. Mi restano la maturità e la facilità di scrittura che non hanno eguali tra i bipedi che calpestano il suolo terrestre. Per chi vorrà, io sono qui. In caso contrario, nessun problema, ormai sono a posto così.

 

Lj.U.: Questi mi paiono propositi decisamente più realistici di quelli inusitati che blaterava nel 2000 e dintorni. Qualunque minus habens sarebbe in grado di perseguirli, persino lei.

Lj.U.: Infatti li perseguirò. Questa è la mia vita, d’altronde. Non dispongo delle energie necessarie per fare molto altro. Senza andare troppo a scavare nei meandri della mia testa, mi sono rassegnato a questa sorta di condanna. Mi sono reso conto molto presto che qualcosa si era rotto. Erano solo le prime avvisaglie, e chiaramente all’epoca, a dieci, dodici anni d’età, non ero in grado di definirle con esattezza. Campanelli d’allarme che hanno preso a suonare con sempre maggior clangore, fino a divenire assordanti promemoria di tutto ciò che era sbagliato in me. Combattere contro il “male oscuro” è un’impresa di per sé improba, a maggior ragione per soggetti deboli e fragili quali il sottoscritto. Per certi aspetti mi considero addirittura fortunato a essere vivo a quarantuno anni. Certo, ci sono arrivato trascinandomi appresso una miriade di scompensi direttamente o indirettamente derivati dalla malattia mentale. Il senso di colpa e di vergogna si nutre di tutto ciò, eppure a lei piacerebbe concludere in modo meno opprimente…

 

Lj.U.: Ma per carità! Abbiamo indulto nel piagnisteo senza requie, che senso avrebbe abborracciare un finale fintamente accomodante?

Lj.U.: Allora rimaniamo nel pantano! Dove peraltro sguazzo dai suddetti quarantuno anni, tirando su di tanto in tanto, ma sempre più di rado, la testa per respirare aria un po’ meno torbida, per poi riprendere ad annaspare. Fintantoché non sarò eccessivamente boccheggiante, avrete sporadiche notizie di me, tramite quei sinceri e appassionati atti d’amore che vi dono sottoforma di capolavori letterari. Sono convenienti anche perché vi presentano la mia parte più nobile, tralasciando tutto il marcio che contorna l’uomo che si cela dietro l’autore. Potrete vantarvi di conoscere il più grande scrittore vivente, magari dimenticandovi le nequizie lette in questa conversazione. Io sono riconoscente a chiunque mi abbia dedicato anche soltanto un briciolo d’attenzione. Come dicevo poc’anzi, è per questo che ne vale ancora la pena. Nel congedarmi, so che lei intende rivolgere un’ultima, accorata richiesta a coloro che si fossero spinti fin qui. Le lascio volentieri la chiusa!

Lj.U.: Per favore, non chiamateci perfetti idioti.

 

mercoledì 10 giugno 2020

“Galvanoterapia sei sei sei” – Il mio nuovo romanzo!

In maniera totalmente inaspettata, specie per le mie abitudini recenti, sono ad annunciarvi la pubblicazione di un nuovo romanzo!

Galvanoterapia sei sei sei” è da oggi liberamente scaricabile dal mio sito ufficiale www.ljuboungherelli.it con licenza Creative Commons.

Il sesto volume della saga di “Galvanoterapia”, il secondo lavoro a vedere la luce in questo 2020 (non accadeva dal 2013), il ventiquattresimo romanzo di una carriera che si protrae da un quarto di secolo.

Ora che ho dato i numeri, posso accennarvi brevemente all’opera di cui in oggetto. Per chi ha familiarità con gli altri episodi, non c’è invero moltissimo da dire: in particolare, l’immediato predecessore “Galvanoterapia cinque contro uno” è un attendibile modello di riferimento a livello stilistico nonché di atmosfere e tematiche.

Il personaggio di Anthony Cubizzari esordisce nel 2002, coetaneo del suo creatore allora poco più che ventitreenne. Le successive avventure sono state contraddistinte da una continua evoluzione del protagonista, giunto in quest’ultima occasione alla soglia degli ’anta in una storia che si dipana, con i debiti salti temporali, per tre anni a partire dal 2017. Tre anni contraddistinti dall’evento più clamoroso mai verificatosi nei cinque romanzi che hanno preceduto questo: il ritorno in pianta stabile dei Ritmo Tribale, gruppo preferito del nostro.

Mi pareva dunque quasi un obbligo sfornare un ennesimo capitolo di questo racconto, che ha peraltro il proprio culmine nella drammatica situazione che stiamo vivendo, con la pandemia da coronavirus.

Ecco a grandi linee le coordinate di “Galvanoterapia sei sei sei”, che a dispetto del titolo “satanico” è un lavoro ricco degli ingredienti peculiari della serie: ironia e introspezione, sesso e attualità sociopolitica, romanticismo e rock’n’roll. Credo non scontenterà i fan di questa epopea letteraria.

Per me si è trattato di una sfida con me stesso: dopo un lungo periodo buio, coinciso sostanzialmente con il cosiddetto lockdown, ho voluto mettermi alla prova e scrivere un romanzo in dieci giorni. Quattro li avevo già spesi per buttar giù il piano dell’opera e altrettanti mi sono serviti per correggere le bozze. Se desiderate scoprire gli esiti della mia iperattività delle scorse settimane, non vi servono che pochi clic!

martedì 14 gennaio 2020

"Abbracciare la saracinesca" – Il mio nuovo romanzo!

Da tradizione ormai consolidata in tempi recenti, scrivo in estate e pubblico all’inizio dell’anno successivo, ed è ciò che accade anche oggi.

Abbracciare la saracinesca” è il nuovo romanzo liberamente scaricabile con licenza Creative Commons sul mio sito ufficiale http://www.ljuboungherelli.it

Questo lavoro sopraggiunge allo scoccare del mio venticinquesimo anno di carriera come scrittore. Eravamo infatti nel 1995 allorché decisi che questa sarebbe stata la mia strada.

Inutile perder tempo con bilanci e propositi di sorta, anche perché, è ampiamente risaputo, le cose non sono andate secondo quelle che, ancora a metà anni Duemila, erano le mie aspettative.

Occupiamoci dunque dell’attualità. “Abbracciare la saracinesca” è il secondo “romanzo di frattura”. Alla pari del precedente “L’urto del gomito”, vive di oscure sottotracce che cercano di essere preponderanti rispetto alla storia principale e a conferirle strati di lettura più profondi e slegati dalle vicissitudini ivi descritte.

Mi sono invero ripromesso maggior trasparenza rispetto all’ingarbugliato esordio di questo mio nuovo ciclo letterario, pertanto sarà forse un poco più semplice penetrare all’interno di trame che anche stavolta girano intorno a ciò che accade oggidì.

Mi sento totalmente realizzato nel portare avanti questo innovativo percorso artistico, che pur rifacendosi a innegabili modelli di riferimento, mi sta permettendo di marchiare un’impronta che reca indelebile la mia firma, con coordinate di stile e di contenuti riconoscibili e attribuibili a me solo.

Così in effetti era già stato in occasione della “periferia esistenziale”, dello “Scream of consciousness” e del “caleidoscopio dell’assurdo”. Rispetto soprattutto ai primi due, va aggiunta la maturità e la facilità nel padroneggiare la scrittura che è inutile enfatizzare ogni volta. Leggete e concorderete con me!

In chiusura, una breve riflessione su ciò che è stato vorrei comunque concedermela. Nel 1995, e più in generale nell’interminabile e turbolento periodo dell’adolescenza, non credevo sarei stato vivo a quarant’anni. Nel 2003 in particolare sono stato pericolosamente vicino a dare conferma a tale convinzione. Adesso che detta soglia anagrafica l’ho superata, con uno stato di salute a livello psicofisico tutt’altro che ottimale ma perlomeno decente, conto di proseguire e consolidare la mia posizione di più grande scrittore vivente. Che siano tre, trecento o trenta milioni di persone ad averne consapevolezza, ormai non mi cambia più di tanto. Magari ne riparliamo tra altri venticinque anni!

mercoledì 6 febbraio 2019

“L’urto del gomito” – Il mio nuovo romanzo!

Sono diventato grande! Già ero il più grande scrittore vivente, ora ho raggiunto anco un traguardo anagrafico. Ieri ho infatti compiuto quarant’anni, il che significa che non rientro più nella categoria convenzionale dei “giovani scrittori”.

Ad ogni modo, celebro l’ingresso nel mondo degli scrittori adulti con un nuovo romanzo! “L’urto del gomito”, al solito liberamente scaricabile dal mio sito ufficiale http://www.ljuboungherelli.it con licenza Creative Commons, porta seco svariate novità cui accennerò qui di seguito.

Si tratta del mio primo “romanzo di frattura”, nonché il primo dal 2015 a essere disponibile esclusivamente in free download digitale, dopo varie escursioni tra pubblicazioni a puntate, edizioni cartacee e audiolibri musicati.

Si apre l’ennesima fase letteraria, dopo gli esordi nel segno della periferia esistenziale, passando per lo Scream of consciousness di metà anni Zero, che a sua volta ha lasciato il posto al caleidoscopio dell’assurdo.

Nel corso del tempo, la mia costante voglia di rimettermi in gioco e sconfinare dai canoni più prevedibili mi ha portato a distaccarmi dalle formule che creavo e rendevo eccelse, trovandone in continuazione di diverse e padroneggiandole con disinvoltura e senza bisogno di eccessivo assestamento.

Analogo discorso si può applicare al “romanzo di frattura” “L’urto del gomito”. Le strutture tradizionali tendono a dissolversi, in favore di un susseguirsi di eventi apparentemente sconnessi, ma che vanno a formare uno scenario che, pur sottotraccia, delinea il messaggio che intendo lanciare con questo lavoro.

Un messaggio amaro e doloroso che affiora tra le nebulose pagine del breve testo che ho creato la scorsa estate. Un messaggio strettamente collegato all’attualità che permea le nostre vite. Non vorrei svelare troppo, preferisco lasciare al Lettore il compito di decrittare i miei intendimenti. La patina oscura che ricopre e avvolge la narrazione, in ogni caso, è l’inquietante specchio dei tempi che viviamo.

E dunque, nell’affrontare questa sfida, non ho smarrito l’incosciente entusiasmo di chi non ha nient’altro da dimostrare ma più nulla da perdere. Basta approcciarsi alle battute iniziali dell’opera per comprenderlo: la mia cifra stilistica è stata completamente stravolta. Ferme restando la pulizia della prosa e la perfezione formale, ci troviamo su territori sfaccettati in maniera sorprendente rispetto a qualunque mia precedente produzione. Una scrittura volutamente traballante, ossessivamente ripetitiva nelle sue formule ricorrenti eppure eterogenee nell’ambito finanche di uno stesso capitolo. Non credo di dovermi dilungare oltre: sarà sufficiente un primo “assaggio” per testificare il dna dei “romanzi di frattura”. Messi da parte gli eccessi verbali e concettuali del caleidoscopio dell’assurdo, accantonati sesso e turpiloquio, mi ripresento in una veste pressoché inedita e parimenti se non più efficace, pur avendo preservato alcune tematiche affrontate in anni recenti, in primis la deriva sempre più disumana e disumanizzante della società odierna.

E insomma il 2019 mi vede quarantenne e ancora sulla breccia nonostante tutto. Vi prometto che farò il possibile per rendere speciale e indimenticabile anche questa parte del mio percorso di artista. Lo devo a chi mi segue, così come a me stesso.

martedì 9 gennaio 2018

“Doris Blessing” – Il mio nuovo romanzo!

Quante volte l’ho già detto? Per convenzione, si definiscono “giovani scrittori” coloro che esercitano tale ingrata attività e hanno meno di quarant’anni.

Tra circa un mese, ne finirò trentanove. Salvo inverosimili cambiamenti dello status quo, “Doris Blessing”, romanzo che vede la luce proprio oggi, sarà l’ultimo che pubblico con lo status di giovane scrittore.

Conta quel che conta, sono statistiche fini a sé stesse, e in effetti nemmeno a me la cosa fa granché impressione. Sinceramente, contavo di arrivare a questa soglia in una situazione diversa, e migliore. Contavo di essere un nome affermato e seguito da editori e lettori, e non semplicemente il più grande scrittore vivente. Ma è andata in tutt’altra maniera e, altrettanto sinceramente, ho smesso di crucciarmene da un bel pezzo.

Tornando al presente, il fatto più rilevante non è tanto l’ultimo romanzo da giovane scrittore, quanto piuttosto l’ultimo romanzo della serie di lavori che va sotto il nome di “caleidoscopio dell’assurdo”.

Ho esplorato queste coordinate sin da quando, nel 2012, mi sono rimesso all’opera dopo quattro anni di silenzio, lasciandomi alle spalle un passato ingombrante com’era quello rappresentato dallo “Scream of consciousness”. Sono riuscito a ridefinire la mia scrittura in modo efficace e credibile, benché diverso da quanto fatto in precedenza. Ma d’altronde, non era accaduto lo stesso allorché nel 2004 mi distaccai dalle atmosfere più pompose e rarefatte della “periferia esistenziale” per abbracciare un percorso più diretto ed esplicito?

Ora, ritengo d’essere giunto al capolinea. “Doris Blessing” mette un grosso punto sulle tematiche sviscerate in questo lustro abbondante. Nove romanzi in cui ho offerto il mio contributo alla causa attraverso un ricorso costante al nonsense, con situazioni surreali il cui scopo primario era di descrivere la condizione di chi si sente perennemente fuoriposto nel mondo, sfasato rispetto al pensiero comune e a tutte le relative convenzioni sociali.

La sublimazione arriva giustappunto con questo nuovo testo. Un “breve melodramma pornonoir”, scritto in ventitré giorni tra maggio e giugno 2017. Si tratta del mio primo tentativo di cimentarmi con tematiche da vero e proprio melodramma, che pur non rinunciando a tocchi di ironia, persegue il suo andamento sotto gli stilemi peculiari del suddetto genere letterario. La componente sessuale è trattata invece secondo i canoni già ampiamente disseminati in romanzi precedenti, quali “Ieri eravamo vivi”, “La morte è come sempre” e “Funzione linguistica avanzata”. Atmosfere torbide, promiscue e narrate con dovizia di dettagli. E, più che in passato, con una fortissima connessione amore–morte.

La trama, apparentemente minimale, cela altresì un retroterra sorprendente che non lesina colpi di scena a ripetizione, sprofondando negli anfratti della falsità e dell’ipocrisia degli esseri umani, e nella loro capacità di intessere relazioni a sangue freddo, fomentando un ambiente privo di affetti sinceri, e quei pochi che, quasi per caso, si vengono a creare, vanno incontro al destino più tragico.

“Doris Blessing” è liberamente scaricabile dal mio sito ufficiale http://www.ljuboungherelli.it con licenza Creative Commons. Inoltre, per celebrare al meglio la fine di questa fase della mia vita, ho approntato un’edizione cartacea limitata a cinquanta copie numerate a mano, che regalerò a chiunque me ne faccia richiesta fino a esaurimento scorte, e non vi saranno ristampe perciò affrettatevi, diamine!

I miei piani per l’immediato futuro prevedono una pausa a tempo indeterminato dalla scrittura, per dedicarmi esclusivamente a lavori su commissione. Anzi, se qualcuno ha progetti da sottopormi, si faccia avanti! Garantisco prestazioni di inarrivabile qualità a costi assai contenuti!

Tornerò alle mie condizioni. A patto di riuscire a rinnovarmi per l’ennesima volta e aprire nuovi scenari artistici. Se ciò non dovesse accadere, pace. Citando un mio cliché: non ho nient’altro da dimostrare. E più nulla da perdere, peraltro.

Resta sempre valido l’invito a immergersi nell’opera omnia del più grande scrittore vivente. È bella ed è gratis. È il mio atto d’amore per tutti voi, e anche per me stesso. Per ricordarmi chi sono, per guardarmi allo specchio e non provare soltanto un orrore ancestrale e foriero di brutti ricordi.

Che il 2018 si rispecchi appieno nei vostri desideri più splendenti!

mercoledì 19 luglio 2017

"Galvanoterapia cinque contro uno" – Il mio nuovo romanzo!

Contrariamente alle mie abitudini, questo aggiornamento del blog arriva con sostanziale ritardo rispetto alle normali tempistiche.

La pubblicazione di “Galvanoterapia cinque contro uno” risale infatti al 2 maggio scorso. Come da prassi, in free download su http://www.ljuboungherelli.it con licenza Creative Commons.

Tre giorni dopo, è caduto il decennale dal completamento di “Figure gemellari verso l’altro”, uno dei miei lavori più rappresentativi, caposaldo dello Scream of consciousness.

Poco più in là, mi sono rimesso all’opera su un nuovo romanzo che ho già finito di scrivere e che realisticamente vedrà la luce all’inizio del prossimo anno.
Il tutto, durante un periodo assai poco felice della mia vita, ma questa non è una novità, quindi.

Eccoci dunque a presentare il mio testo di più recente pubblicazione. Analogamente a quanto già avvenuto col precedente “Ultimo tour sulla Luna”, anche stavolta vi è più d’una possibilità di fruizione dell’opera.

Alla canonica edizione digitale di cui sopra, si va ad aggiungere una versione “audiolibro musicato” che dal prossimo 24 luglio, per tre settimane e per cinque puntate ogni lunedì e martedì, andrà in onda sulla carrarina Contatto Radio Popolare Network (http://www.contattoradio.it), in modulazione di frequenza, streaming e successivamente podcast. Si tratta di un esperimento misto di stralci di brani del romanzo (letti da me medesimo), alternati a canzoni (selezionate da me medesimo), in una produzione originale ideata e realizzata dall’ineffabile Maurizio Eternauta Castagna, al quale vanno i miei ringraziamenti per essersi smazzato tutta l’ingente mole di lavoro.

Sull’essenza del romanzo non vi è invero granché da dire. Essendo il quinto episodio della saga di “Galvanoterapia”, ricorrono più o meno le tematiche che l’hanno caratterizzata dal 2002 ad oggi. La perenne e tormentata evoluzione del protagonista Anthony Cubizzari in primis, e il resto a seguire. Le vicissitudini in bilico tra ironia, seriosità e nonsense, una variopinta galleria di figure di contorno, i dialoghi ficcanti, le chitarre elettriche, l’amore, la politica, l’introspezione, il sesso, la ricerca esistenziale, i Ritmo Tribale e le loro poche ma confuse idee sul futuro in musica.

E insomma buona lettura e/o buon ascolto con l’ennesimo capolavoro del più grande scrittore vivente!

venerdì 26 agosto 2016

"Ultimo tour sulla Luna" - Nuovo romanzo ristampato sul sito!

È un bel po’ che non aggiorno il mio blog.

L’ho già detto altrove che non amo scrivere sui blog? Repetita juvant.

Ad ogni modo, le cose della vita mi hanno portato in tempi recenti a collaborare col blog della trasmissione Riserva Indie (http://riservaindie.blogspot.it), in onda sulle frequenze di Contatto Radio Popolare Network di Carrara, curando un paio di rubriche a metà tra musica e letteratura.

I buoni riscontri ottenuti hanno spinto il sottoscritto e Maurizio Castagna, deus ex machina di Riserva Indie, a un ulteriore passo avanti: il 4 febbraio 2016, vigilia del mio trentasettesimo compleanno, sul blog è infatti iniziata la pubblicazione di “Ultimo tour sulla Luna”, il nuovo romanzo del più grande scrittore vivente.

Dai tempi del feuilleton, sono innumerevoli i romanzi apparsi a puntate su riviste et similia. Con “Ultimo tour sulla Luna” abbiamo voluto rinverdire questa gloriosa tradizione: i venti capitoli dell’opera hanno visto la luce online, al ritmo di uno a settimana, fino allo scorso 16 giugno.

La sfida era decisamente interessante: creare un testo “a misura di blog”, che quindi non si dilungasse troppo, ma potesse altresì essere fruito con comodità in pochi minuti nell’arco di ben sette giorni, prima del successivo capitolo.

A tale scopo, tra ottobre e novembre 2015, in appena ventiquattro giorni ho portato a termine la stesura del romanzo. Da quel momento, è partito un frenetico lavoro di scrematura, svolto assieme al mio editor, per approntare la versione che ha infine imperversato sul web per oltre quattro mesi.

È tuttavia giunto il momento di presentarvi l’opera nella sua concezione originaria: da oggi, sul mio sito ufficiale http://www.ljuboungherelli.it è disponibile, liberamente scaricabile con licenza Creative Commons, la cosiddetta “Official Site Review” di “Ultimo tour sulla Luna”.

Come potrete immaginare, la carne al fuoco è assai più sostanziosa (oddio, ho smesso di mangiare carne esattamente tre mesi fa, forse non ho usato la locuzione più appropriata!): il romanzo si fregia di ben cinque capitoli inediti, oltre a svariati episodi elisi dalla prima pubblicazione per mere esigenze di spazio.

Le vicissitudini dei due protagonisti, compagni d’avventura in una band che effettua una tournée di una settimana finanziata da una campagna di crowdfunding, risultano così più ampie e di conseguenza chiare circa il loro percorso, individuale e comune. “Ultimo tour sulla Luna” è la storia di una grande amicizia tra una ragazza e un ragazzo, cementata dall’amore per la musica e messa peraltro a dura prova dalle circostanze della vita (i fantasmi del passato, l’ipocrisia e il perbenismo imperanti nella società, la tragicomica situazione dell’ambiente che li circonda). In bilico tra caleidoscopio dell’assurdo, introspezione, momenti in stile Spinal Tap e altri meno disimpegnati, i nostri eroi saranno alle prese con un’esperienza che nel bene e nel male li segnerà profondamente.

Chi ha letto il romanzo sul blog di Riserva Indie sa già cosa aspettarsi, anche se la visione d’insieme offerta nella nuova veste la rende consigliabile non solo ai neofiti.
Il nuovo corso intrapreso nel 2012, quando ho ripreso a scrivere dopo quattro anni di pausa, mi sta portando in direzioni nuove e inaspettate. “Ultimo tour sulla Luna” ne è l’ennesima dimostrazione: alla consueta eccellenza della prosa, vanno a unirsi peculiarità sinora inesplorate nella mia pur vastissima produzione. Vi invito a insinuarvi nelle pieghe del romanzo per scoprirle!

La mia terza decade di carriera è appena iniziata: ho ancora un sacco di cosa da dire, e lo farò già nel futuro più immediato…

Chi desideri rimirare gli antichi capolavori della mia bibliografia, non ha che da scaricarli gratuitamente e goderne i frutti. Io preferisco guardare avanti, ai prossimi traguardi da raggiungere!